“Nello stato di salute dell’uomo la Forza Vitale, vivificatrice e misteriosa, domina in modo assoluto e dinamico il corpo materiale e tiene tutte le sue parti in meravigliosa attività armonica di sensi ed attività, in modo che il nostro intelletto ragionevole si possa servire liberamente di questo strumento sano e vitale per gli scopi superiori della nostra esistenza”.
“Quando l’uomo ammala, dapprincipio è perturbata soltanto questa Forza Vitale , indipendente e presente ovunque nell’organismo ed immateriale, dall’azione nemica alla vita e dinamica, di qualche agente patogeno. Unicamente questa potenza , per se’ invisibile, e riconoscibile solo nelle sue manifestazioni, nell’organismo mette in evidenza la sua perturbazione morbosa sotto forma di malattia nei sentimenti ed attività, l’unica parte dell’organismo aperta ai sensi dell’osservatore e del medico , rivelabile dai sintomi del male e da null’altro”.
“Unica la Forza Vitale morbosamente perturbata provoca la malattia, in modo che le manifestazioni di malattia percettibili dai nostri sensi, come pure tutte le alterazioni interne, esprimono la perturbazione totale morbosa del principio dinamico e rappresentano tutta la malattia”.
BREVI CENNI DI DOTTRINA OMEOPATICA E PENSIERO HAHNEMANNIANO (Dott. Stefano Ciappi)
Nell’anno 1810 C.F. Samuel Hahnemann, medico sassone nato nel 1755, diede alle stampe la prima stesura del suo “Organon della Scienza Medica Razionale” (divenuto successivamente “Organon dell’Arte di Guarire”), entrando a pieno titolo nella storia della medicina quale Fondatore dell’Omeopatia.
Agli inizi della sua carriera , il giovane Dott. Hahnemann praticò la medicina tradizionale con serietà e dedizione, tanto da divenire un professionista molto stimato ed apprezzato; purtroppo un numero frustrante di insuccessi e soprattutto la morte di un figlio, lo indussero a lasciare la pratica dell’attività medica per dedicarsi ad altri studi.
Dotato di grande cultura e conoscitore di svariate lingue, per anni si occupò con successo della traduzione, sia di opere classiche, sia di testi di medicina.
Intorno al 1790 , mentre stava traducendo in lingua tedesca alcuni scritti del Dott. W. Cullen, il suo spiccato spirito critico e la sua grande capacità di osservazione lo portarono a cogliere un’apparente contraddizione presente in uno dei testi del medico inglese.
Cullen descriveva come spesso nei lavoratori della radice della china (Chincona Officinalis), utilizzata per ricavare il chinino, noto ed usato febbrifugo, comparissero quadri clinici di febbre intermittente in tutto simili a quelli della malaria.
Profondamente colpito da tale similitudine di effetti , Hahnemann ebbe l’idea di verificarli su se stesso e cominciò ad assumere 4 dracme di chinino, due volte al di, per vari giorni: puntualmente , dopo qualche assunzione, comparvero i disturbi di tipo malarico che egli ben conosceva essendone stato affetto.
La padronanza dei concetti fondamentali dell’opera di Ippocrate, per cui Hahnemann aveva un avera venerazione, la conoscenza del rigore scientifico e della modernita’ di pensiero del medico Albrecht von Haller (che per primo ebbe l’idea di sperimentare i medicinali sull’individuo sano prima di utilizzarli sul malato), associati all’inquietudine provocata dal testo del Cullen, portarono il futuro Maestro a condurre una serie di sperimentazioni utilizzando molteplici sostanze medicamentose, spesso tossiche, come i sali di mercurio, per verificare se le teorie che si stavano delineando nella sua mente avessero un fondamento.
Hahnemann riteneva infatti che un aspetto curativo dei medicamenti consistesse nella loro capacità di produrre, a dosi infinitesimali ed in individui sani, sintomi simili a quelli osservati nelle persone affette da patologie spontanee.
Nasce intorno al 1790 la così detta “Legge dei Simili” o “similia similibus curentur” che rappresenta la base della Omeopatia.
Per dirla col l’Autore:” Per guarire certe affezioni croniche si devono cercare dei rimedi che provochino ordinariamente nell’organismo umano, una malattia simile e la più simile che sia possibile”.
Immenso è il lavoro svolto da Hahnemann nei venti anni che separano le sue intuizioni relative alla legge dei simili, dalla prima pubblicazione dell’Organon.
La sperimentazione dei vari rimedi prende il nome tedesco di “Prufung” mentre si definiscono “Proving” i singoli test sperimentali come sappiamo fatti su soggetti sani a cui venivano fornite sostanze note ma previa progressiva diluizione e dinamizzazione ( altrimenti dette potentizzate), secondo i dettami di Hahnemann stesso.
Hahnemann spiega l’effetto terapeutico primario consiste nel potere medicamentoso delle sostanze omeopatiche cosi’ ottenute (Potentizzazione) ed adeguatamente utilizzate (Individualizzazione), capaci dunque di ripristinare l’assetto energetico di un organismo malato cedendo l’energia medicamentosa, potente e dinamica, alla E.V. (Energia Vitale), che viene cosi’ corroborata fino ad essere riportata al massimo valore possibile, allontanando quindi i sintomi di malattia.
La malattia è quindi per Hahnemann lo stato di perturbazione energetico vitale.
Hahnemann formalizza il dinamismo dei Rimedi usando queste parole: ” Costretta ad assumere in se’ le impressioni della potenza artificiale agente dall’esterno ed a modificare il suo stato“.
L’Omeopatia fa parte infatti delle medicine energetiche, ossia di quelle discipline terapeutiche che si basano sulla cosiddetta “Forza o Energia Vitale“, concetto questo gia’ postulato da Ippocrate, che la definisce Physis e contestualizza nell’espressione “Vis Medicatrix Naturae“. Hahnemann definira’ l’E.V. “Dynamis” conferendole sia il concetto quantitativo che quello dinamico di duttilita’. Nel 9 dell’Organon, Hahnemann dice: ” Nello stato di salute dell’uomo la Forza Vitale, vivificatrice e misteriosa, domina in modo assoluto e dinamico il corpo materiale e tiene tutte le sue parti in meravigliosa attivita’ armonica di sensi ed attivita’, in modo che il nostro intelletto ragionevole si possa servire liberamente di questo strumento sano e vitale per gli scopi superiori della nostra esistenza“.
Nel 12 Hahnemann ribadisce: “Unica la forza vitale morbosamente perturbata provoca la malattia, in modo che le manifestazioni di malattia percettibili dai nostri sensi, come pure tutte le alterazioni interne, esprimono la perturbazione totale morbosa del principio dinamico e rappresentano tutta la malattia”.
Dobbiamo ricordarci che per Hahnemann le malattie sono l’espressione esterna e manifesta dell’interferenza delle varie noxe patogene sulla E.V. , il che comporta un’alterazione di tale riverbero energetico, a cui seguono delle alterazioni che si riflettono sullo stato psichico e fisico del malato.
I sintomi divengono quindi non i segni di malattia, ma il “rumore di lotta”, di reazione e ripristino omeostatico. I sintomi provocati dall’ingerenza delle noxe patogene saranno ogni volta caratteristici ed individuali, perche’ funzione sia dello stato energetico del momento, quindi della capacita’ reattiva, che dell’entita’ dell’insulto. La filosofia omeopatica e’ quella di curare non la malattia nella sua specificita’ di reazione e nella sua globalita’. La prescrizione deve quindi essere accuratamente individualizzata e far seguito ad un’accurata anamnesi atta ad evidenziare un quadro patogenetico il piu’ possibilmente speculare al quadro clinico del soggetto in esame.
Tutti gli autori piu’ blasonati sono concordi con il Maestro nel ribadire che, nella scelta terapeutica, sono di maggior importanza i sintomi veramente caratteristici, ovvero quelli definibili “veramente omiopatici al caso” e quelli mentali.
Hahnemann afferma:” In ogni condizione di malattia lo stato d’animo del paziente costituisce uno dei sintomi importanti che va sempre rilevato per poter fare il quadro fedele del male e conseguentemente poterlo guarire con la cura omeopatica. Tale cosa è tanto importante nella scelta del medicamento che spesso lo stato d’animo del paziente è decisivo perche’ rappresenta un sintomo preciso e caratteristico che meno di qualsiasi altro può sfuggire all’osservazione del medico attento”.
T.P. Paschero afferma a tal proposito:” Proprio nella peculiarità delle relazioni del malato con le cose e gli uomini, l’Omeopata trova i sintomi mentali per la prescrizione del simillimum, sintomi che rivelano il problema veramente umano, l’espressione dell’essere umano in se’ , ciò che esiste di più umano nell’uomo.”
In un articolo del 1912 J.T. Kent afferma:” Quando si sono verificati dei cambiamenti patologici nei tessuti … allora i sintomi del paziente sui quali dovrebbe basarsi la prescrizione sono scomparsi e i sintomi presenti al momento dell’osservazione sono i sintomi della malattia”.
Anche D.Demarque concorda sull’assunto che la sola conoscenza della patologia classica non sia sufficiente e conferisce importanza e spazio ai riscontri anatomo-patologici e diagnostici che completano giustamente lo studio del paziente.
Pierre Schmidt, responsabile tra l’altro della revisione della 6° stesura dell’Organon, sembra concludere questa diatriba affermando che:” Nonostante l’omeopatia abbia il dovere di distinguere i segni patognomonici, che descivono la malattia, dai sintomi individuali che caratterizzano il malato, non è detto che quest’ultimi debbano essere per forza solo i sintomi anamnestici o che non possano essere rilevati anche attraverso un esame obbiettivo, magari strumentale, ciò a dire con una estensione degli altri tre sensi oltre l’udito”.
“L’aderenza esclusiva alla tecnica repertoriale e la tendenza a considerare il dato anatomo-patologico come una formalità indispensabile semmai per la prognosi, ma senza alcun interesse per il trattamento omeopatico , tende a creare una cesura incolmabile fra l’Omeopatia e il progresso delle scienze mediche” (Carlo Poggiali. Modernità di Hahnemann: Hahnemann eterodosso).
P.Bellavite e A.Signorini, autori del testo: “Fondamenti teorici e sperimentali della Medicina Omeopatica”, sono dei Medici Universitari che si sono aperti all’Omeopatia, mostrando severita’ scientifica e giusta curiosita’ verso questa “Cenerentola” della medicina, negletta dalla Cultura Accademica, per l’indimostrabilita’ certa del meccanismo d’azione di queste deconcentrazioni omeopatiche, che da oltre due secoli sfidano le “Leggi del Sapere”.
Manca in parole povere la prova certa, ovvero il “revolver fumante” della letteratura gialla.
Nel testo degli autori sopramenzionati si legge:
“Nel complesso la sperimentazione di laboratorio che, aggiungendosi a quelle più tradizionali (Prufung), ma più difficilmente controllabili della pratica clinica, consentono di formulare alcune interessanti conclusioni:
I vari Studi sembrano confermare l’esistenza di un’attività biologica dimostrabile, di farmaci in medie ed alte diluizioni, preparate secondo le metodiche omeopatiche;
Pare di poter cogliere in molti casi una certa coerenza tra le ipotesi di partenza basate sull’esperienza ed il ragionamento omeopatico ed i risultati ottenuti negli animali, nell’uomo sano e negli esperimenti in vitro. Una certa sostanza farmacologicamente attiva quando viene testata in soluzioni altamente diluite sembra reagire specificamente con lo stesso sistema biologico con cui reagisce la sostanza non diluita.
Il Rimedio omeopatico sarebbe quindi dotato di un tropismo biologico nei confronti di specifici sistemi recettoriali. Si può pertanto ipotizzare, anche se in maniera speculativa, che il segnale veicolato dalla soluzione altamente diluita sia riconosciuto specificatamente dal sistema bersaglio ed elaborato in modo particolare;
La reazione alle alte diluizioni è spesso opposta a quella osservata a basse diluizioni. Bisogna comunque precisare che tale inversione d’effetto non è una costante, quindi non deve essere considerata una regola universale d’azione del farmaco omeopatico, bensì una possibilità che si realizza quando sussistono adatte condizioni di reattività del sistema testato;
A causa delle incertezze sulla reale natura del farmaco omeopatico, le ricerche di laboratorio hanno contribuito ancora poco a chiarire il suo meccanismo d’azione.
Con tutte queste osservazioni e critiche, usciamo concretamente dalla rigida impostazione dottrinaria hahnemanniana, ma non certo da quel rigore professionale e scientifico che il medico sassone ci ha mostrato ed insegnato. Hahnemann e’ di fatto considerato il primo vero e grande sperimentatore della storia della medicina grazie al lavoro svolto nella messa a punto della sperimentazione patogenetica (Prufung), che si concretizzo’ nella prima iniziale “Materia Medica”, ovvero una densa ed accurata raccolta di dati che, ancora oggi, a distanza di circa due secoli, rappresenta il punto di riferimento per migliaia di medici omeopati sparsi in ogni parte del mondo.
Inoltre, parte delle osservazioni critiche degli Autori sopracitati, sfumano e svaniscono da se’, se ben si comprende la profondita’ della concezione della teoria miasmatica.
Ricordiamoci inoltre come G.H.G. Jahr, il fedele allievo che aveva seguito Hahnemann a Parigi, puntualizzi che:” Il colpo d’occhio più rapido sulla sua MM, può mostrarci come sotto il titolo di semplici sintomi, Egli abbia annotato con costanza , non solo quei disturbi funzionali o sensoriali che poteva osservare con certezza, ma anche le lesioni organiche come infiammazione, congestione, rammollimento, suppurazione, indurimento, stato scirroso o canceroso, delle labbra, del laringe, degli occhi…..”!.
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Parlando dell’individualizzazione della prescrizione abbiamo sottolineato l’importanza dell’unicita’ terapeutica.
L’Omeopatia classica ed hahnemanniana è quindi unicista!
La prescrizione segue un’attenta osservazione del caso clinico per cogliere nella, totalità sintomatica, la specificità reattiva del soggetto alla noxa patogena che lo ha colpito, fiaccandone l’energia interiore, immateriale quanto spirituale.
La scelta unicistica prevede la prescrizione di un solo rimedio per volta, magari in successione temporale (spesso indispensabile nella Psora) comunque sempre ordinata dagli stessi principi dottrinali, sopra elencati.
L’evoluzione del pensiero del Maestro ci porta progressivamente nel nucleo più hahnemanniano della dottrina omeopatico , ovvero al concetto dei così detti Miasmi .
Dopo 20 anni circa di attività medica basata sulla legge della similitudine, Hahnemann osserva il ripetersi troppo frequente di ricadute o nuove malattie in quei soggetti che aveva rigorosamente curati ed apparentemente guariti, ma solo momentaneamente.
Come poteva spiegarsi tutto ciò?
Dalla revisione anamnestica dei casi trattati emergeva che in ogni caso da Lui preso in esame si ritrovava sempre ed in tutti i casi, un “modo” reattivo specifico e costante.
Hahnemann pensò quindi che alla base di ogni episodio, solo apparentemente autonomo, vi fossero di fatto tre malattie sottostanti , primarie, antecedenti e croniche che chiamò appunto Miasmi. (meglio, come vedremo, Stati Miasmatici).
Il termine Miasma deriva dal verbo greco mo-miasmai, miasmein (perf . miaìnò) , che significa contaminare, insudiciare (sporco appiccicoso…).
Quasi un concetto manzoniano di unto-untore, che ci porta a vedere, nel concetto di contagio, l’identità e modalità dell’ azione delle noxe patogene varie che aggrediscono la E.V.
La conseguenza principale dell’aggressione, come abbiamo già accennato, è l’ indebolimento della E.V, a cui segue lo stato di malattia, quale espressione concretizzata dai sintomi clinici, non di passività , ma di reattività e lotta dinamica.
In tale lotta i Rimedi intervengono quale energia curativa per accelerare ed ottimizzare la lotta reattiva e riparativa spontanea, secondo i concetti ippocratici della “vis medicatrix naturae” , principi sui quali Hahnemann basa la sua nuova medicina od Omeopatia.
Visto che nella filosofia omeopatica bisogna parlare d’interazione tra le noxe patogene e l’ E.V. vivificatrice, a cui segue la lotta reattiva sopramenzionata che, con la sua specificità, etichetta e caratterizza il malato, sembra quindi più corretto parlare di “Stati Miasmatici” piuttosto che di miasmi, perche’ il concetto di “stato”, sottolinea meglio questo divenire dinamico e reattivo.
Per Hahnemann nell’ammalarsi dell’uomo non hanno importanza prioritaria gli agenti patogeni vari quanto la risposta individuale , questa infatti caratterizza l’impronta o lo stato miasmatico del soggetto che condiziona e modula la E.V. stessa, predisponendola verso alcune malattie e conferendo comunque un’impronta caratteristica alle varie patologie contratte.
I Miasmi, quali discrasie acquisite a seguito del contagio specifico, non sono delle malattie vere e proprie bensì il fondamento dinamico delle varie malattie cliniche secondarie.
I Miasmi sono tre: Psora, Sicosi e Syphilis.
Nel primo caso il contagio miasmatico è di tipo cutaneo, nel secondo e terzo di tipo venereo.
Bisogna precisare che non tutti i miasmi (noxe patogene) possono conferire la reazione miasmatica accennata, che si verifica solo a condizione che il contagio miasmatico sia caratteristico e tale da interagire e modificare energicamente con l’economia dell’individuo, interferendo significamene con la Dynamis.
In altre parole non tutte le blenorragie possono innescare lo “stato miasmatico sicotico” ma solamente quelle caratterizzate da scoli reattivi copiosi e densi, associati a proliferazioni condilomatose e stato anemico, espressione il tutto, di un forte interessamento della Dynamis. Lo stato miasmatico designa la modulazione patologica, quanto reattiva, della E.V. dell’organismo, che può avvenire in tre direzioni:
Psora: come inibizione, difetto, reazione di tipo ipo;
Sicosi: come eccesso, espansione, reazione di tipo iper;
Syphilis: come perversione, distruzione, reazione di tipo dis.
La PSORA ha come nucleo reattivo manifestazioni cutanee polimorfe, transitorie e caratteristicamente pruriginose quanto alternate con sintomi psichici ed organici.
La SICOSI colpisce la totalità della persona e si manifesta caratteristicamente con proliferazioni tumorali e scoli densi ed insistenti, colpendo le mucose in genere e quelle del tratto uro-genitale in modo caratteristico.
La SYPHILIS interessa l’economia generale in maniera decisamente pesante. La bandiera o cartina di tornasole della circostanza è data da sanguinamenti ed ulcere a cui seguono riparazioni sclerotiche.
I miasmi hahnemanniani, intesi come “fondamento reattivo”, corrispondono secondo P.Paschero alla perturbazione delle tre funzioni vitali per eccellenza:
eccitazione, inibizione, disfunzione.
Nella Psora assistiamo quindi un’esaltazione dell’eccitazione, intesa quale reazione dello stimolo difensivo e che giustifica lo stato reattivo e funzionale, comunque non lesionale.
Nella Sicosi troviamo invece una tendenza compensatoria ed accrescitiva atta alla proliferazione degenerativa, espressione della disfunzione reattiva impressa alla E.V. da tale Miasma.
Nella Syphilis si contempla una tendenza reattiva diminutiva atta e responsabile della restrizione, sia fisica che mentale, di questo Miasma (sclerosi post ulcerativa- demenza).
Nei miasmi venerei riscontriamo profondi mutamenti organici e mentali perché, come puntualizza Paschero, vi sarebbe la tendenza a fissare il meccanismo difensivo di inibizione-disfunzione sugli organi bersaglio fino a creare sia una patologia organica che delle forme morbose tangibili, evolutive e proprie di detti stati miasmatici.
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La Psora è il Miasma primario e principale, quello da cui derivano tutte le malattie e senza il quale non potrebbero esistere gli altri due Miasmi, quindi nessuna malattia.
Ricordiamo che Psora deriva dal termine greco psora, scabbia e dal verbo psao, grattare, che a loro volta derivano dall’ebraico tsorat che significa scanalatura, difetto, rotture od imperfezione… quindi un concetto più profondo del termine greco che limita alla pelle la sua bandiera esistenziale.
Hahnemann al 41 del testo “le Malattie Croniche” dice: ” E’ la Psora quella malattia cronico- miasmatica, generalissima, perniciosissima eppure più di tutte disconosciuta, la quale da molte migliaia di anni ha deformato(tsorat!) e tormentato i popoli, ma dagli ultimi secoli è diventata la madre di tutte le migliaia di mali incredibilmente diversi …”
Hahnemann osserva infatti, nella sua ricostruzione lungo i secoli, che la Psora (primaria) ha subito una progressiva trasformazione ed aggravamento tanto da trasformarsi nel tempo , da una manifestazione prettamente cutanea e superficiale , in una forma( manifesta) centripeta e sempre più minacciosa.
L’aggravamento progressivo è per l’Autore secondario all’atteggiamento curativo che mitigando le manifestazioni esterne comporta di conseguenza un progressivo aggravamento interno nelle popolazioni (nei secoli) e nel singolo.